lunedì 8 aprile 2013

Geisha: maestra delle arti

“Da quando mi sono trasferita a New York ho capito che cosa significhi realmente il termine <<geisha>> per la maggior parte degli occidentali. Mi è capitato più di una volta di essere presentata, durante qualche ricevimento elegante, a questa o quella giovane donna splendidamente vestita e ingioiellata. Non appena costei viene a sapere che un tempo ho fatto la geisha a Kyoto, atteggia la bocca a una specie di sorriso e pensa:  << Mio Dio…mi trovo con una prostituta>> […]. Un attimo dopo viene salvata dal suo cavaliere, un uomo ricco che ha trenta o quarant’anni più di lei. Be’, spesso mi chiedo perché non si renda conto di quante siano le cose che abbiamo in comune. È una mantenuta, proprio come lo ero io, ai miei tempi.”

Queste sono le parole di Sayuri, la protagonista del libro “Memorie di una geisha” di Arthur Golden, Longanesi, p.382 (a cui attualmente sto dedicando piacevolmente il mio tempo libero) che rispecchia realmente la considerazione che ha nella cultura occidentale la geisha.
Una donna assimilata da noi banalmente ad una donna di facili costumi, anche a causa dei soldati americani che, durante la seconda guerra mondiale, si vantavano di aver trascorso notti di passione con semplici prostitute spacciate per geishe.
Etimologicamente il termine 'geisha' ha il significato di “persona esperta di arti” (dai caratteri kanji gei = arte e sha = artigiano, artista) poiché è una professionista delle arti e delle buone maniere, soggetta a regole crudeli ma affascinanti  e dalla rigida (fin troppo!) e vasta formazione che va dal teatro alla letteratura, dal canto alla danza, dall'accompagnamento musicale con lo shamisen (la chitarra giapponese), il fue (flauto giapponese)  o lo tsutsumi (tamburo) alla cerimonia del tè. Infatti vi sono lunghi anni di formazione (peggio di un liceo!) con precise scansioni temporali  in cui l'apprendista geisha pronta al suo debutto, definita “Maiko”, ha il compito di affiancare la propria “sorella maggiore” (cioè la geisha che l'accompagna, accollandosi la responsabilità della sua attività e instaurando con lei un vero e proprio rapporto di parentela). Per quanto riguarda invece le prestazioni sessuali, non sono previste negli incontri con i clienti. Può succedere che avvenga (sotto pagamento, naturalmente) ma una vera geisha non infrangerebbe la propria reputazione accettando un rapporto casuale con un uomo qualunque.
È evidente quindi che esista anche l'altra faccia della medaglia: a questo mondo fatto di  cultura, di tradizione “strane” (nella nostra visione occidentale) se ne contrappone uno anche crudele.
“...Non è per una geisha desiderare. Non è per una geisha provare sentimenti. La geisha è un'artista del mondo, che fluttua, danza, canta, vi intrattiene. Tutto quello che volete. Il resto è ombra. Il resto è segreto.”

Questo passo, tratto invece dall'omonimo film di Steven Spielberg  del 2005 (che vi consiglio di vedere assolutamente)  sottolinea anche la tristezza che a volte accompagna questo  “lavoro”– non so se il termine sia esatto, ma lasciatemelo passare -
Una geisha non ha potere sulla sua persona. Viene, fin da piccola, venduta dalla sua famiglia all'okiya (il luogo dove vivono le geishe), contraendo, a causa del duro apprendistato, già una miriade di debiti che dovrà ripagare nel corso della sua attività di geisha (qualora ci riesca, cioè solo se è fortunata!) o in caso contrario come serva.
Costretta a vendere al miglior offerente il proprio mizuage (per intenderci potremo tradurlo con “virtù”), esattamente come fanno molte ragazze  (purtroppo!) al giorno d'oggi.
La geisha deve imparare ad avere il controllo sugli uomini ma se viene scelta da un protettore,  il danna, che provvede economicamente alle sue esigenze diviene sua proprietà. Ed allora sì che diventa la sua amante anche di notte, costretta ad abortire qualora sia inavvertitamente in stato interessante, anche contro la propria volontà.
Diventa così una mantenuta, esattamente come viene descritto da Sayuri.
Ed è qui che casca l'asino.
Mantenute occidentali vs mantenute orientali, chi vincerà il confronto?
Beh, tutto il mondo è paese dopotutto. I canoni estetici cambiano ma, noi occidentali ci accontentiamo di ragazze con “equipaggiamento” in mostra (se solo pensiamo a alcuni programmi televisivi) indipendentemente dalle loro qualità.
Piera-chan      

P.s. Scusatemi se in questo articolo mi sono divagata in una riflessione personale ma purtroppo sento spesso giudizi negativi nei confronti degli orientali da persone ignoranti (cioè che non conoscono, non intendo offendere nessuno) che giudicano senza nessun titolo. Non che io ne abbia, certo! Ma se pure io non sia un'esperta del mondo orientale, tento di informarmi e di giudicare nel modo – spero – più oggettivo possibile.

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