Una delle più note forme espressive della cultura
giapponese è il “cha no yu” (o
chado). Il Cha no yu ( lett. “acqua calda per il tè”) o via de tè, è la
cosidetta Cerimonia del tè che trova
le sue radici nello zen, ed è considerata una delle arti tradizionali per
eccellenza del Giappone. Due sono le qualità qui coltivate:
- Bancha: tè verde giapponese, raccolto in piena estate e costituito da foglie grandi dall’aroma inconfondibile, piuttosto fresco e dal sapore amarognolo.
- Gyokuro: tè verde giapponese, considerato uno dei migliori al mondo. A partire da tre settimane prima della raccolta, le piante vengono tenute all’ombra sotto grandi teli sostenuti da pali di bambù.
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Questo procedimento conferisce all’infuso il
caratteristico colore verde brillante e il sapore leggermente dolce, tanto da
farne il tè più pregiato e quindi delle grandi occasioni, che i giapponesi
bevono non più di una o due volte all’anno, gustandolo in tazze piccolissime
come fosse un liquore.
La Cerimonia del tè si svolge secondo stili diversi
e in forme diverse. A seconda delle stagioni cambia la collocazione del
bollitore (kama): in autunno e inverno, posto in una buca di forma quadrata,
ricavata in una parte del pavimento chiamato tatami (1), mentre primavera ed estate
in un braciere (furo) appoggiato sul tatami (2).
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La forma più complessa e lunga
(chaij) consiste in un pasto in stile Kaiseki, nel servizio di tè denso
(koicha) e in quello di tè leggero (usucha). In tutti i casi si usa, in varie
quantità, il matcha, tè verde polverizzato, che viene mescolato all’acqua calda
con l’apposito frollino di bambù (chasen).
Quindi la bevanda che ne risulta non è un’infusione
ma una vera sospensione che provoca un effetto notevolmente eccitante. Infatti
veniva utilizzata, e ancora lo è, dai monaci zen per rimanere svegli durante le
preghiere.
Il tè leggero usucha, a seguito dello sbattimento dell’acqua col
frullino durante la preparazione, si ricopre
di una sottile schiuma di una tonalità particolarmente piacevole e con
un’intonazione perfetta coi colori della tazza.
Oggi la stanza del tè è anche luogo mentale,
spogliata da ogni possibile orpello con pareti grezze e praticamente priva di
alcun contenuto che non fosse di pensiero. I personaggi che si muovono in essa
sembrano usciti temporaneamente dal mondo e dai suoi affanni per contemplare
brevemente il vuoto. Nella stanza tutti entrano disarmati e tutti si devono
inginocchiare e “subire” le stesse regole.
La cerimonia del tè è qualcosa che
va molto al di là della semplice preparazione di una bevanda. E’ forse
l’espressione più pura dell’estetica zen, tanto che un adagio giapponese dice: “cha zen ichimi” cioè “tè e zen un unico sapore”.
Anche il
mondo cinematografico ha reso omaggio aquesta importante tradizione. Uno dei
film più interessanti sull’argomento è “Morte
di un maestro del tè” (1989), Leone d’argento alla Mostra del Cinema di
Venezia, del regista Kei Kumai. Il film rende in modo perfetto l’atmosfera del
mondo del tè e narra la vicenda del maestro Rikyu e le problematiche abbastanza
misteriose che lo condussero al suicidio nel 1591.
La Cerimonia del Tè è fondata sul principio della
“via” (do) cioè su un cammino interiore da percorrere per giungere
all’illuminazione. Questa cerimonia non attinge solo a credenze religiose o
verità assolute, ma è la conquista e l’eserecizio di una pratica per conoscere
se stessi e guardare le cose in modo nuovo. In una parola, riscoprire la
qualità umana per eccellenza: la serenità interiore, una sorta di leitmotiv per
vivere meglio non solo con se stessi, ma anche con gli altri.
Carmy-chan
Thé bancha...semplicemente squisito! Mi chiedo se quello che ho trovato in enoteca (essiccato) sia effettivamente come quello che vendono in Giappone,cioè se lo consumano "fresco" o essiccato. Bel blog comunque,complimenti!
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